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15° Anniversario della Scomparsa di Massimo D’Antona


 20 maggio 1999 ore 8:30, un commando terroristico uccide Massimo D’Antona, giuslavorista, al tempo, consigliere del ministero del Lavoro e professore di diritto del lavoro all’Università “La Sapienza” e alla Seconda Università degli studi di Napoli.

Poche ore dopo, arriva la rivendicazione, 14 pagine stampate fronte retro, con la stella a cinque punte e il gergo criptico e oscuro tipico delle Nuove Brigate Rosse ”La nostra organizzazione ha individuato il ruolo politico-operativo svolto da Massimo D’Antona ne ha identificato la centralità e, in riferimento al legame tra nodi centrali dello scontro e rapporti di forza e politici generali tra le classi ha rilanciato l’offensiva combattente.”

I brigatisti Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce, in attesa dentro un furgone Nissan, scendono e lo apostrofano. Secondo la deposizione di Cinzia Banelli, fu Galesi, armato di una pistola automatica senza silenziatore, a far fuoco su D’Antona, svuotando i 9 colpi del caricatore sul professore e infliggendogli il colpo di grazia al cuore. I due si danno poi alla fuga, e poco dopo arrivano i soccorsi: D’Antona viene immediatamente portato al Policlinico Umberto I ma inutile, il medico dichiara nel certificato di morte che D’Antona si è spento alle 9:30 di mattina.

Come ogni anno, anche oggi, nel 15° anniversario della sua tragica scomparsa, la sua figura di uomo, di studioso delle regole al servizio della democrazia e della coesione sociale, di eroe civile è stata ricordata, durante una commemorazione pubblica, alle 12:00 in Via Salaria a Roma.

Tante le autorità presenti, dal Sindaco di Roma al Presidente della regione Lazio e Ministri del Governo, sono intervenuti Serena Sorrentino, segretario confederale Cgil, Raffaele Cantone, presidente Autorità Nazionale Anticorruzione, Guglielmo Epifani, presidente X Commissione della Camera dei Deputati e Andrea Orlando, ministro della Giustizia.

“Mi chiedevo da che parte potesse venire quell’aggressione – ricorda la moglie Olga D’Antona perchè io non avevo idea. Sgomento si. Il senso di perdita era il sentimento prevalente. Ci tenevano sotto controllo da parecchi giorni. Era un intellettuale, un lavoratore, attraverso la consultazione delle parti sociali cui cercava soluzioni possibili, concrete, realizzabili…per questo lo hanno ucciso“.

Era un lottatore, un uomo di sinistra, stimatissimo dai suoi colleghi, convinto che la modernizzazione dello Stato e delle amministrazioni pubbliche non è un terreno di scontro politico, dopo anni d’indagini l’8 luglio 2005 arriva il verdetto da parte della Corte d’Assise di Roma: ergastolo per Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi e Marco Mezzasalma.

Giovanni Pellizzeri

Articolo del 20/05/2014

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