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Continua la Crisi dell'Occupazione - Il Focus sul Mercato del Lavoro in Valle d'Aosta


“Anche nel 2015 il mercato del lavoro della Valle d’Aosta ha stentato a tornare a crescere. L’occupazione si è ridotta rispetto all’anno precedente, il tasso di disoccupazione è rimasto su valori storicamente molto elevati ed è ora superiore a quello delle regioni Nord-Occidentali. In particolare i dati mostrano come, pur a fronte di una ripresa del PIL regionale, l’occupazione è tornata a diminuire” così il Segretario Regionale della Cgil Domenico Falcomatà introducendo il Focus sullo stato del mercato del lavoro nella nostra regione, realizzato dall’Istituto Ires Lucia Morosini di Torino con la Cgil Valle d’Aosta e presentato martedì 19 aprile.

“Dopo la crescita del numero di occupati dello 0,8% nel 2014 – continua il Segretario – nel 2015 il loro numero si è ridotto dello 0,5%. Il totale degli occupati si ferma così a 54.828, dopo aver toccato quota 55.129 nel 2014″ a differenza di un Nord-Ovest che ha visto na crescita, seppur minima, dello 0,8%, mantanendo il trend nazionale, e le province Autonome di Trento e Bolzano anche loro con un più, rispettivamente sono cresciute dello 0,2 e 0,4%".

Anche la partecipazione al mercato del lavoro si è ridotta passando dalle 60.526 unità del 2014 alle 60.171 del 2015 “Il calo contemporaneo della partecipazione e dell’occupazione – si legge nell’analisi – ha fatto sì che il tasso di disoccupazione sia rimasto invariato rispetto all’anno precedente: si attesta all’8,9%, un valore quasi triplo rispetto ai livelli pre-crisi (questo indicatore era fermo al 3,2 per cento nel 2007)” E anche in questo caso “Preoccupa ancora una volta il confronto con le altre regioni – evidenzia Falcomatà – se il raffronto con il dato nazionale (11,9%) è a favore della Valle d’Aosta, non è così per quello con il Nord Ovest (che presenta un dato dell’8,6%, in diminuzione in rispetto all’anno precedente) e con le Province di Trento e Bolzano (rispettivamente al 6,8 e al 3,8%)”. Complessivamente sono 5.343 le persone in cerca di occupazione nell’anno 2015.

Per quanto riguarda i contratti i dati di flusso pubblicati dall’Osservatorio sul Precariato INPS registrano netto di quelli a tempo indeterminato, “in particolare, il saldo dei nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato per l’anno 2015 risulta in positivo di 1.239 unità, mentre il 2014 si era chiuso con un saldo negativo di 287 unità”. Il saldo risulta positivo “grazie all’aumento sia delle assunzioni (3.296, a fronte delle 2.183 del 2014) che all’aumento delle trasformazioni da contratti a termine e di apprendistato in contratti a tempo indeterminato (1.230 contro le 815 del 2014; in particolare le trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato passano 606 a 997). Le cessazioni rimangono sostanzialmente stabili rispetto al 2014, passando da 3.285 a 3.287”. Una dinamica in positivo che però risulta influenzata “dagli sgravi fiscali concessi per le assunzioni o trasformazioni in contratti a tempo indeterminato. Secondo: i nuovi contratti a tempo indeterminato “a tutele crescenti” difficilmente possono considerarsi lavoro “stabile”, dato che prevedono comunque la ampia possibilità per il datore di lavoro di licenziare un assunto a tempo indeterminato tramite un esborso economico. Gli effetti occupazionali reali potranno quindi essere valutati alla scadenza degli sgravi, fra 3 anni. Un primo indizio sul fatto che gli effetti del combinato disposto Jobs Act – esoneri contributivi possano essere di breve durata viene dai dati INPS su gennaio 2016, che mostrano come nel mese (con i nuovi sgravi fiscali in vigore, di molto inferiori a quelli precedenti) il saldo dei nuovi contratti a tempo indeterminato sia nullo (negativo se consideriamo le sole assunzioni e cessazioni)”.

Dato preoccupante riguarda l’utilizzo dei Voucher, inizialmente pensati come uno strumento limitato ad alcune categorie e settori, utile a far emergere situazioni di lavoro sommerso, i buoni lavoro hanno visto progressivamente estendersi il loro ambito di utilizzo. A livello nazionale il loro uso è letteralmente esploso durante la crisi, e la Valle d’Aosta non ha fatto eccezione in tal senso, mostrando un aumento delle vendite del 110% fra 2013 e 2014 e del 54,4% fra 2014 e 2015, è la seconda regione dopo la Puglia.

Andando ad analizzare i diversi settori, quelli che sono maggiormente in sofferenza sono quello agricolo e edile che ha visto una diminuzione costante di imprese. Anche il settore manifatturiero ha visto diminuire il numero di imprese attive, più contenuta invece la perdita dei servizi. Tutti hanno visto ridursi in maniera considerevole il numero di occupati rispetto al 2008, mentre i servizi hanno registrato una crescita, un trend si è confermato anche fra 2014 e 2015.

“Vi sono alcuni aspetti problematici da segnalare per il tessuto produttivo regionale – conclude l’analisi – in primis c’è il fatto che la maggior parte delle imprese locali sia di piccole e piccolissime dimensioni e abbia una scarsa propensione all’export. Aspetti, questi, che potrebbero essere correlati con la propensione all’innovazione più bassa della media nazionale mostrata dalle imprese valdostane. Va inoltre sottolineato che il tessuto produttivo mostra una grande dipendenza dalla componente pubblica. Questo potrebbe provocare problemi futuri, dato la restrizione delle spese prevista per il 2016 e il 2017 nel bilancio regionale”

Scarica allegato: Il Focus completo

Articolo del 21/04/2016

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