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Il No della Cgil alla Riforma Costituzionale


La Cgil si schiera per il No al referendum costituzionale. È stato infatti approvato l'8 settembre scorso dall'Assemblea Generale a Roma, alla quale ha preso parte anche il Segretario Regionale Domenico Falcomatà, l'ordine del giorno con il quale il sindacato di Corso d'Italia ha preso posizione in merito al prossimo referendum.

La Cgil è partita da una discussione tutta di merito delle modifiche costituzionali, proposte dal Governo, approvate dal Parlamento, non volendo essere rinchiusa in una logica di schieramento o pregiudiziale. In questi mesi il Sindacato ha organizzato centinaia di iniziative di confronto e approfondimento che hanno riscontrato anche posizioni diverse.

Per la Cgil è auspicabile l'obiettivo di superare il bicameralismo perfetto, istituendo una seconda camera rappresentativa delle Regioni e delle Autonomie locali, e correggere le criticità della riforma del 2001, ma si è tradotto in un'eccessiva centralizzazione dei poteri allo Stato e al Governo.

Il nuovo Senato, per composizione e funzioni, avrà difficoltà a svolgere il ruolo di luogo istituzionale di coordinamento fra Regioni e Stato, essenziale a conciliare le esigenze di decentramento con quelle unitarie. Al Senato, infatti, non è attribuita congrua facoltà legislativa in tutte le materie che hanno ricadute sulle istituzioni territoriali e la sua stessa composizione non garantisce l'adeguata rappresentanza e rappresentatività di Regioni e autonomie.

Pur condividendo l'intenzione di cambiare l'equilibrio dei poteri tra Regioni e Stato, definito dalla modifica costituzionale del titolo V nel 2001, l'esito finale è sbagliato: si passa da un eccesso di materie concorrenti a una riduzione drastica della facoltà legislativa autonoma delle Regioni.
La previsione, inoltre, che sia lo Stato a dettare le “disposizioni generali e comuni” su molte materie cruciali, potrebbe tradursi in una omologazione normativa, non necessariamente in positivo, che non lascia spazio a processi di innovazione e sperimentazione che possono scaturire da un sistema plurale e che meglio possono rispondere alle esigenze del singolo territorio.

La possibilità, poi, per il Governo di attivare una corsia preferenziale, per i provvedimenti ritenuti essenziali per l'attuazione del programma, in assenza di limiti quantitativi e qualitativi (salvo l'esclusione di alcune materie), attribuisce al Governo un eccesso di potere in materia legislativa compensato solo parzialmente dall'introduzione di limitazioni alla decretazione d'urgenza e dalla previsione della determinazione di “diritti per le minoranze” e di uno “statuto delle opposizioni”, la cui definizione, però, è rinviata, senza alcuna certezza, al Regolamento della Camera stessa. Tale eccesso di potere non trova compensazione nelle disposizioni relative agli altri livelli istituzionali la cui capacità di incidere nel procedimento legislativo è limitata, né nella partecipazione diretta dei cittadini né in quella delle formazioni sociali.

La semplificazione del procedimento legislativo che si voleva ottenere, con il superamento del bicameralismo perfetto, è vanificata dalla moltiplicazione dei procedimenti previsti a seconda della natura del provvedimento in esame. Una moltiplicazione che richiederà il consolidamento di una prassi e rischia di rendere lo stesso iter delle leggi oggetto di contenzioso davanti la Corte costituzionale.

I nuovi criteri, infine, per l’elezione degli organi di garanzia – Presidente della Repubblica, giudici della Corte costituzionale di nomina parlamentare, componenti laici del Csm – rischiano di essere subordinati alla legge elettorale, facendo così venir meno la certezza del bilanciamento dei poteri di cui la Costituzione deve essere garante, con la possibilità di determinare un restringimento del pluralismo e della rappresentanza delle minoranze.

La Cgil, dunque, valuta la modifica costituzionale da una parte un’occasione persa per introdurre quei necessari cambiamenti atti a semplificare, rafforzandole, le istituzioni. E, dall’altra, giudica negativamente quanto disposto da tale modifica perché introduce, senza migliorare la governabilità né il processo democratico, un rischio evidente di concentrazione dei poteri e delle decisioni: dal Parlamento al Governo, dalle Regioni allo Stato centrale.

Ferma restando la libertà di posizioni individuali diverse di iscritti e dirigenti, trattandosi di questioni costituzionali, l’Assemblea generale della Cgil invita a votare “No” in occasione del prossimo referendum costituzionale.

La Cgil e tutte le sue strutture, nel preservare la propria autonomia, non aderiscono ad alcun comitato e considerano, come sempre, fondamentale la partecipazione al voto e sono impegnate a promuoverla e favorirla tra le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati, i giovani e i cittadini tutti. 

L'ordine del giorno 

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Articolo del 13/09/2016

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