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SPI-Cgil. Sistema socio-sanitario e sanitario in Valle d'Aosta. Le Prospettive di intervento.


Luglio 2021 - Sintesi della ricerca - 

(L'indagine completa la si può consultare o scaricare in fondo alla pagina)

La Valle d’Aosta è sempre stata una regione in grado di offrire una buona qualità di vita ai propri residenti, non soltanto dal punto di vista delle condizioni economiche ma anche considerando aspetti come l’ambiente, la presenza di servizi pubblici e di un Terzo settore radicato nel territorio in grado di mobilitare una parte molto ampia della popolazione. Nel 2019, secondo l’ISTAT, il 17,2% dei valdostani ha prestato un’attività gratuita per associazioni di volontariato, una percentuale quasi doppia rispetto alla media nazionale. Anche grazie a questi elementi di contesto, oltre all’elevata partecipazione al mercato del lavoro (in particolare, da parte delle donne), il tasso di povertà valdostano è più basso di quello delle altre regioni italiane. Nonostante questi traguardi, non è possibile ignorare che da molto tempo la Valle d’Aosta mostra uno scarso dinamismo, soprattutto al confronto con le realtà territoriali maggiormente comparabili per statuto e caratteristiche socio-demografiche (Trento e Bolzano) che si ripercuote negativamente sulla crescita economica e sul livello dei redditi.

Nel 2019 il PIL valdostano era ancora inferiore del 9% a quello del 2007, anno di inizio della Crisi Finanziaria cui ha fatto seguito la Grande Recessione degli anni 2008-2014, mostrando di aver accumulato un ritardo molto più ampio rispetto a quello nazionale (-3,8%). Nel 2020, primo anno del Covid, secondo le stime disponibili il PIL regionale si sarebbe contratto del 9,5%, tornando ai livelli degli anni Ottanta. L’atteso rimbalzo del biennio 2021-2022 riporterebbe la Valle d’Aosta alla siturazione pre-pandemia, lasciando pressoché intatto il grave solco che si è prodotto negli Anni Dieci.

Il sistema sanitario e socio-sanitario della Valle d’Aosta sembra trovarsi oggi in una fase di crisi, non riuscendo a fornire, in molti casi, una risposta efficace alle recenti evoluzioni della domanda sociale. Sono in corso in Valle d’Aosta diversi cambiamenti di carattere strutturale che richiederebbero di essere governati con maggiore attenzione. In primo luogo, l’avanzare del processo di senilizzazione - particolarmente pronunciato nella nostra regione anche a causa di un’insufficiente sostituzione migratoria - che determina non soltanto una crescita della domanda di servizi sanitari e di lungo-assistenza ma anche un indebolimento dei legami interpresonali e un’atomizzazione degli stili di vita. Questi processi si innestano su un tessuto sociale già particolarmente frammentato (la Valle d’Aosta è la prima regione italiana per incidenza di nuclei abitativi composti da una sola persona) e rappresentano una minaccia alla qualità della vita nella terza e quarta età.

Come evidenziato da alcuni degli intervistati che hanno fornito il loro contributo all’indagine in qualità di testimoni privilegiati, vi sono altri fattori di rischio specifici della popolazione valdostana, relativamente agli stili di vita, che imporrebbero un maggiore sforzo delle politiche verso le attività di prevenzione. Ci riferiamo, in particolare, all’elevata incidenza di “forti bevitori” di alcolici che eccedono nel consumo quotidiano o praticano il binge drinking (23%, il tasso più alto in Italia dopo quello di Bolzano), alle dipendenze da sostanze stupefacenti e agli elevati tassi di mortalità per suicidio e autolesionismo (per i quali la Valle d’Aosta detiene il triste primato nazionale) che evidenziano le carenze dei servizi territoriali per la tutela della salute mentale.

Le caratteristiche morfologiche del territorio, la presenza di aree interne e piccoli comuni, l’insufficiente grado di cooperazione istituzionale costituiscono ulteriori elementi di debolezza che ostacolano le economie di scala e rendono particolarmente complesso il rapporto tra ospedale e territorio e tra servizio sanitario e servizi sociali, uno dei principali nodi irrisolti del nostro sistema regionale, secondo i testimoni qualificati che abbiamo intervistato.

Guardando ai principali “outcome” considerati dalla letteratura specialistica per valutare lo stato di salute e benessere della popolazione, gli indicatori disponibili forniscono indicazioni non sempre convergenti. Se, da un lato, appaiono molto positivi i risultati ottenuti dalla nostra regione relativamente alla mortalità infantile e alla qualità di vita degli anziani e delle persone con malattie croniche, considerando il principale indicatore adottato a livello internazionale – la speranza di vita alla nascita – il quadro appare meno edificante.

Nel 2020, in seguito allo straordinario eccesso di mortalità dovuto alla pandemia da Covid-19, essa si è attestata ad 80,9 anni, il valore più basso in Italia. Anche nel 2019, quando era di 82,7 anni, era inferiore a tutte le altre regioni italiane, fatta eccezione per la Campania, la Sicilia, la Calabria e la Basilicata. Un dato poco soddisfacente che impatta negativamente sulla speranza di vita riguarda la frequenza delle morti che si verificano ogni anno pur essendo “evitabili” se si attuassero trattamenti tempestivi ed efficaci, azioni di prevenzione (secondaria e primaria) e interventi di salute pubblica. I servizi territoriali, a questo proposito, come si è evince dai dati riportati nella ricerca, appaiono ancora sacrificati in favore di un approccio alla cura “ospedalocentrico”, poco adatto alla presa in carico delle cronicità.
Indicazioni preoccupanti circa lo stato dei servizi sanitari offerti dalla Regione provengono inoltre dal monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza.

Nel 2018, in un quadro di generale incremento delle valutazioni, la nostra regione ha migliorato il proprio punteggio rispetto al 2017 ma, data la presenza di diversi indicatori “critici” con scostamenti rilevanti dal target e non in miglioramento, continuava a trovarsi nel ristretto gruppo delle regioni inadempienti, assieme alla Sardegna e alla Provincia Autonoma di Bolzano. Alcune aree di indagine rilevanti che mostrano uno scarto dall’obiettivo fissato dai LEA riguardano la copertura vaccinale, i posti disponibil nelle strutture per anziani e disabili, l’assistenza a domicilio e l’intervallo che intercorre tra la chiamata e l’arrivo dei mezzi di soccorso. E’ meritevole di attenzione anche il fenomeno dell’iperafflusso nei pronto soccorso, spia di carenze che possono riguardare diversi nodi della filiera del servizio sanitario (prevenzione primaria, prevenzione secondaria, assistenza territoriale, assistenza ospedaliera) e che produce ricadute negative sulla pressione a cui è sottoposto il personale sanitario, la gestione dei casi critici e i costi dell’assistenza. La Valle d’Aosta è ai primi posti non soltanto per il numero di accessi ogni 1.000 abitanti ma anche per la percentuale di codici bianchi, assimilabili ad accessi impropri, che richiederebbero l’attivazione di visite e trattamenti programmati. Il fenomeno sembra in parte connesso al tema ancora irrisolto dei lunghi tempi di attesa che interessano sia gli esami diagnostici sia gli interventi.

Relativamente al settore socio-sanitario, il livello di presa in carico risulta molto basso al confronto con le regioni comparabili. Secondo Italia Longeva, nel 2019 appena lo 0,9% degli ultra65enni erano ospiti di RSA (la stessa percentuale supera il 4% in Piemonte e Lombardia), un dato coerente con l’offerta residenziale sviluppata in regione, costituita prevalentemente da case di riposo, strutture protette e altre soluzioni con accoglienza di tipo alberghiero. Tale impostazione è, secondo diversi testimoni intervistati, oggi poco adeguata a rispondere efficacemente alla domanda sociale espressa dalla popolazione, sia sul piano della sanitarizzazione e dell’integrazione socio-sanitaria, sia su quello della governance (c’è chi suggerisce di trasferire le competenze su queste strutture dai comuni all’USL). Una situazione simile caratterizza anche i servizi a domicilio, abbastanza sviluppati per quanto riguarda l’assistenza domiciliare socio-assistenziale dei servizi sociali, molto poco per quanto riguarda l’assistenza domiciliare integrata di cui hanno beneficiato nel 2019 appena 0,6 anziani ogni 100.

Non è semplice, comunque, esprimere una valutazione sui risultati dei Sistemi Sanitari né sull’efficacia della spesa sanitaria. Basti pensare alla mole di variabili, non strettamente connesse alle risorse del settore sanitario, e tuttavia determinati per le condizioni di salute degli individui (prevenzione, stili di vita, qualità dell’ambiente, istruzione, supporto familiare, …). Ciononostante, non è possibile ignorare la discrepanza tra le ingenti risorse veicolate, sia dalla Regione, sia dai cittadini tramite spesa out of pocket, e i modesti traguardi ottenuti nella speranza di vita e, rispetto alle due principali realtà comparabili – Trento e Bolzano –, anche nello stato di salute della popolazione. Nel 2018, infatti, la nostra regione era la quinta in Italia per spesa sanitaria pubblica e la prima per spesa sanitaria privata. Nonostante la spesa veicolata dalla regione superi i 2.000 euro pro capite, a fronte di una media italiana di 1.875 euro, i valdostani hanno destinato circa 1.038 euro di spesa privata pro capite ai consumi sanitari. Anche la spesa per le compartecipazioni dirette dei cittadini ai costi dei farmaci e delle prestazioni è la più alta in assoluto (90 euro pro capite).

Prendendo atto delle gravi difficoltà indotte dalla pandemia e delle preesistenti carenze del settore sanitario, la Giunta Regionale si è impegnata, con il DEFR 2021-2023, a predisporre il nuovo «Piano regionale per la salute e il benessere sociale» la cui validità si estenderà fino al 2025. Esso mira a risolvere alcuni dei nodi strutturali che affliggono questo settore. In particolare, in linea con gli obiettivi del PNRR, si propone di realizzare un nuovo modello di assistenza territoriale che migliori la presa in carico dei pazienti con patologie croniche; di riorganizzare i servizi territoriali del dipartimento di salute mentale; di sviluppare la telemedicina e l’assistenza domiciliare; di incrementare l’offerta di tipo socio-sanitario da parte delle strutture che ospitano anziani, oggi prevalentemente orientate all’accoglienza socio-assistenziale e alberghiera; introdurre meccanismi che incentivino i professionisti della salute a trasferirsi e a permanere in Valle d’Aosta, al fine di colmare le attuali carenze di personale di cui soffre il Servizio Sanitario Regionale.
Esso assume anche l’impegno di verificare la compatibilità tecnico-progettuale ed economica e la realizzabilità in termini cronologici adeguati del “progetto ospedale” (ampliamento del Parini) e, nel caso in cui la verifica non avesse un esito soddisfacente, di sondare altre soluzioni, nella fattispecie la realizzazione di una nuova struttura, come già proposto da una legge di iniziativa popolare del 2007.

Questa seconda soluzione è stata indicata come preferibile dalla maggioranza dei testimoni privilegiati che abbiamo interpellato, molti dei quali evidenziano come gli interventi sull’Ospedale Parini non sarebbero comunque in grado di recepire le innovazioni necessarie ad un vero ammodernamento. La sua collocazione geografica, inoltre, non favorisce l’integrazione con i servizi territoriali (principale obiettivo programmatico del DEF regionale). La realizzazione di un nuovo presidio collocato fuori città, secondo alcuni, avrebbe anche ragioni logistiche (migliore accessibilità, maggiore dotazione di parcheggi, percorsi separati per pazienti e visitatori, efficienza nella gestione degli spazi …) e migliorerebbe la qualità della presa in carico nelle specialità di lungodegenza, grazie alla possibilità di accogliere i pazienti in spazi più ampi e immersi nel verde.

 

 

Scarica allegato: Ricerca IRES sanità Valle d'Aosta_2021

Articolo del 16/07/2021

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