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Un progetto Vero per la Scuola in Valle d'Aosta


A seguito di dichiarazioni a mezzo stampa di alcune organizzazioni sindacali e della lettera del signor Romano dell’Aquila, si torna a legislatura nemmeno iniziata, a parlare di contratto regionale degli insegnanti come una necessità impellente, sollecitando il dibattito e presupponendo che esso sia la soluzione per migliorare la qualità dell’intero sistema scolastico valdostano.

In realtà confessiamo di non capire il nesso in quanto la Regione Valle d’Aosta ha numerose competenze in materia scolastica e non solo per quanto riguarda gli adattamenti previsti dallo Statuto speciale in materia di bilinguismo, definisce infatti a livello regionale gli organici del personale docente, stabilisce criteri per l’apertura e chiusura delle scuole e per la formazione delle classi, volendo approva leggi regionali in materia di riforme, come recentemente per la riforma Moratti (non applicata in Valle) e, con provvedimenti amministrativi, parzialmente per la riforma Gelmini. La regione proprio rispetto a quest’ultima ha stabilito criteri diversi e più favorevoli per l’istituzione delle classi e avrebbe potuto fissare criteri ancora più “laschi”, come ha fatto per l’apertura delle sezioni di scuola dell’infanzia.
Alla luce dei fatti avvenuti negli ultimi anni possiamo dire che la scuola valdostana è interessata da problemi che nulla hanno a che fare con il contratto di lavoro dei docenti: la diminuzione delle risorse economiche è peraltro sotto gli occhi di tutti tanto che mentre sentiamo parlare di contratto regionale degli insegnanti leggiamo lettere di genitori infuriati perché i comuni non garantiscono gli scuolabus, aumentano i costi dei buoni pasto e la dispersione scolastica è a livelli record. La riflessione su cosa è necessario fare per un progetto vero per la scuola in Valle d’Aosta è ampia e complessa e non attiene certamente alla sola modifica dello stato giuridico ed economico del personale. Il confronto avviato nella scorsa legislatura, nel quale abbiamo espresso la nostra posizione contraria alla regionalizzazione del contratto, doveva mettere al centro la qualità del sistema e le risorse ad esso destinate ma non ha portato ad alcuna proposta concreta.

Concordiamo ovviamente con le altre sigle sindacali sull’obiettivo dichiarato di “un progetto strategico e di ampio respiro per l’intero settore dell’istruzione” ma fatichiamo a capire cosa c‘entri tutto questo con il contratto regionale degli insegnanti. Il CCNL infatti definisce diritti e doveri dei lavoratori della scuola e non criteri per la formazione delle classi o la definizione degli organici. Una buona riforma della scuola, anche solo valdostana, non obbliga a riscrivere le norme contrattuali. Al massimo può prevedere qualche integrazione che è sempre e già da ora possibile (si pensi all’aumento dell’orario nella scuola dell’infanzia e primaria, alle indennità aggiuntive legate alle maggiori competenze o prestazioni, o anche solo al fatto che in Valle d’Aosta non sono stati soppressi i moduli della scuola elementare, tanto per citarne alcune di peso).
Sull’eventualità di un contratto regionale è vero che ci sono posizioni differenti e che, almeno allo stato attuale, non ci sono proposte concrete ne vantaggi tangibili per i docenti (cosa che ovviamente un sindacato chiede per cambiare le regole del rapporto di lavoro) ma, altrettanto sicuramente, il progetto di una buona scuola pubblica in Valle d’Aosta può tranquillamente prescindere dal contratto regionale dei docenti. Nel quadro generale inoltre deve, nostro parere, essere affrontata la questione dell’esistenza e del mantenimento di scuole paritarie nel settore secondario, che, se un tempo avevano ragione di esistere sotto forma di Fondazioni, oggi sono in realtà interamente gestite e finanziate dalla Regione e dovrebbero per questo divenire pubbliche ed entrare nel sistema scolastico pubblico regionale. I finanziamenti ad esse destinate sono ingenti e le strutture di cui godono comportano una situazione di disparità con le altre scuole che, specie nel settore tecnico e professionale, si trovano penalizzate ( a titolo di esempio l’ esistenza di convitti, di educatori nel sostegno allo studio, di una mensa interna) nel momento in cui i ragazzi e le famiglie si trovano a fare la scelta dell’iscrizione.

Un ultima considerazione è relativa a quanto dichiarato sulle pagine dei giornali in merito all’accordo sulle prerogative sindacali siglato a livello regionale: esso non è per noi un grande risultato o un segno di vitalità della contrattazione del settore pubblico. La scelta di sottoscriverlo è semplicemente la fine di un percorso che da 2 anni a questa parte ha visto le Organizzazioni Sindacali della scuola messe di fronte al taglio del 60% dei distacchi retribuiti e, la possibilità di porre fine indicendo le elezioni dei rappresentanti dei docenti nelle istituzioni scolastiche, la ripresa del rispetto delle regole in termini di democrazia nei luoghi di lavoro.
Con la scelta di sottoscrivere l’accordo garantiamo infatti il funzionamento della struttura e il rinnovo dei rappresentanti in carica dal lontano 2006 ( che da RSU si chiameranno RSI) proseguendo così nella strada della contrattazione interna che dal 2000 ha consentito di utilizzare le risorse al meglio e di normare aspetti importanti nell’organizzazione del lavoro.
Tuttavia non si può certo sostenere, come fa il Sig. dell’Aquila ( tra l’altro componente dell’ARRS e della delegazione trattante, che ben conosce l’intera vicenda) che tale accordo in merito ai distacchi sindacali sia il frutto della contrattazione o che riconosca le differenze nella rappresentatività. In Valle d’Aosta infatti è stato deciso con una direttiva dell’ex Presidente della Regione, il numero dei distacchi sindacali del settore scuola che, a prescindere dal reale livello di rappresentatività ( media tra il numero di iscritti e di voti nelle scuole che ad oggi ci vede come il primo sindacato scuola della Regione, in crescita costante negli ultimi 10 anni), mette tutti sullo stesso piano.
Infine in merito alla scuola, alla formazione professionale e all’istruzione degli adulti, allo sviluppo dell’Università e alle prospettive, ci sarebbero pagine e pagine da scrivere e il dibattito è ampio e aperto, ma deve avvenire nel rispetto dei ruoli e delle competenze di ciascuno, in primo luogo degli insegnanti, se si tratta del loro contratto di lavoro, dei bambini e dei ragazzi se si parla del loro diritto allo studio e del loro futuro. 

Articolo del 15/06/2013

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